🟪🕯️🕯️🕯️🕯️ Omelia IV Domenica di Avvento
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Dal Vangelo secondo Matteo (1,18-24)
Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto.
Però, mentre stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».
Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: «Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele», che significa "Dio con noi".
Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa.
Proviamo a leggere questo Vangelo all’interno della Liturgia della Parola in cui è inserito.
La profezia di Isaia trova compimento sia nel racconto di Matteo, con l’Annunciazione a Giuseppe, sia in quello di Luca, con l’Annunciazione a Maria.
Ad Acaz viene chiesto di domandare un segno; lui non lo fa, per non tentare il Signore, ma Dio glielo dona comunque.
Ed è subito chiaro che non si tratta di un segno clamoroso: è un segno umile, quotidiano, fragile.
Noi spesso cerchiamo segni eclatanti, che ci costringano a credere.
Ma Dio non vuole togliere spazio alla nostra libertà.
Il suo segno è una vergine che concepisce, è una donna incinta agli occhi di Giuseppe: uno scandalo, una prova durissima.
Giuseppe però sa leggere in quell’evento destabilizzante un segno di Dio.
Non fugge, rimane.
E proprio lì si manifesta la sua grandezza.
Così farà Gesù sulla croce: non scenderà per convincere, ma mostrerà la potenza di Dio nella debolezza.
È il segno di Giona, il seme che muore per portare frutto.
Maria, sotto la croce, riconosce in quel Figlio crocifisso il segno onnipotente dell’amore di Dio.
Tutto passa dall’ascolto.
Se non ascoltiamo, perdiamo le occasioni e continuiamo a cercare segni altrove.
Dio invece parla nei piccoli segni, come ha fatto con Giuseppe.
E oggi quella stessa Parola è rivolta a noi:
Sei disposto ad accogliere Gesù nella tua vita?
A prenderti cura di Lui?
Dio non agisce senza il nostro sì.
Come Maria, Giuseppe e Abramo, anche noi siamo chiamati a fidarci.
Se ascoltiamo la Parola e ce ne prendiamo cura, Cristo nasce in noi.
E allora sì, sarà davvero Natale.
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