☀️ Omelia Venerdì XVII Settimana T.O
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Dal Vangelo secondo Matteo 13,54-58
In quel tempo Gesù, venuto nella sua patria, insegnava nella loro sinagoga e la gente rimaneva stupita e diceva: «Da dove gli vengono questa sapienza e i prodigi? Non è costui il figlio del falegname? E sua madre, non si chiama Maria? E i suoi fratelli, Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E le sue sorelle, non stanno tutte da noi? Da dove gli vengono allora tutte queste cose?». Ed era per loro motivo di scandalo.
Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua». E lì, a causa della loro incredulità, non fece molti prodigi
Fratelli e sorelle, viviamo questo tempo di grazia della Quindicina non per abitudine, ma come un’occasione unica, forse l’ultima.
È tempo di conversione.
Non lo facciamo per gli altri, ma per noi, per la nostra anima.
Il Signore è felice, la Madonna anche, ma noi?
Siamo felici?
Perché siamo qui?
Non abbiamo sempre risposte, ma il Signore ci parla ogni giorno con la sua Parola.
Non ci dà risposte pronte, ma ci fa domande vere, che ci aiutano a guardare dentro noi stessi.
Perché vado a Messa?
Cosa cambia nella mia vita?
Perché sono cristiano?
Celebrare l’Eucaristia non è un dovere, ma un dono per il nostro bene.
Gesù ci nutre con il suo Corpo e Sangue, come una madre col proprio bambino.
Ci dice: “La tua vita vale più della mia”.
Il Levitico ci elenca le feste da celebrare: anche noi, con l’Anno Liturgico, siamo invitati a onorare Dio con perseveranza.
Ogni festa è un’occasione per dire: solo Dio è il Signore.
Nel Vangelo, Gesù si mostra nella debolezza.
Questo scandalizza, anche oggi.
Ma è proprio nella debolezza che si manifesta la vera forza di Dio.
Il problema non è Gesù, è la nostra incredulità.
La fede apre la porta ai miracoli.
Non dobbiamo scandalizzarci della nostra fragilità, né giudicare quella degli altri.
Lasciamoci convertire, impariamo a vedere Dio in tutte le cose.
Questa è la sfida e il dono della Quindicina: fidarci di Lui, ogni giorno.
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